Sono tornato sul mio argine, quello di Ponte San Nicolò. La fatica è scomparsa, del resto avevo ripreso a sgambettare già il giorno dopo la mia cento chilometri.
Ed è questo a sorprendermi di più: non ho finito per nulla provato, anzi il massimo della condizione l’ho raggiunta proprio il quarto giorno. Ho svuotato la valigia, mettendo in un sacco tutto quello da portare in lavanderia. La sabbia è dappertutto. Nella tuta, nelle scarpe, nel sacco a pelo. Le magliette delle Fiamme Oro Polizia di Stato con le quali ho corso la mia ultra maratona me le laverò a mano. Non voglio rovinarle. Finiranno entrambe sotto vetro. Un quadro lo piazzerò accanto al mio letto così ogni volta che mi alzerò potrò vederlo, gustandomi il ricordo di un’avventura indimenticabile. L’altro lo regalerò a mia madre.
Ho corso nel ricordo di mio papà Angelo, poliziotto per una vita, ed è giusto che sia lei a conservarlo. La Polizia mi ha regalato un grande onore.
Il deserto mi ha lasciato nel cuore emozioni intense, ed è difficile racchiuderle. Voglio raccontare come una persona normodotata possa, grazie ad un allenamento adeguato, ottenere risultati solo all’apparenza eccezionali. Certo ci vuole tanta costanza, sacrificio, volontà e uno stile di vita che non ti concede molto. Ma in compenso si ottengono benessere infinito e soddisfazioni immense.
E la sabbia del Sahara dipinge tutto questo. I suoi colori, l’immensità dell’orizzonte che appare infinito. Sei con te stesso, hai il tempo di ascoltare il cuore battere, i pensieri. Riesci a parlare con il passato, con le persone che ami e che non ci sono più. Ho lottato contro la fatica grazie a tutto questo. E’ stato bello concentrarsi su mio padre, punto centrale della mia vita. Ho rivissuto il nostro rapporto, ho potuto urlare nella solitudine più completa quanto lo abbia amato, scusandomi di averglielo detto solo raramente. Quando non ci sono più ti accorgi di quante occasioni hai perso. E quando sono stato in difficoltà mi è sembrato che una mano mi spingesse, facendomi saltellare da una duna all’altra, come se una forza misteriosa mi portasse a lievitare verso il traguardo.
Il Sahara è un posto magico, lo consiglio a tutti. Qui si riacquista il senso della vita che abbiamo smarrito, inghiottiti dalle auto, dal lavoro e dalle seccature di ogni giorno. Quando sei catapultato in realtà così te ne freghi di Berlusconi, della crisi, di Tremonti e dei suoi bond, di tutte quelle sciocchezze che regolano il quotidiano di chi pensa che la vita sia una continua lotta per il potere. Vorrei essere un mago per trasmettere a tutti brividi e pensieri. Cosa si prova nel correre a perdifiato per cento chilometri nel deserto, dormendo in tende berbere, nel freddo della notte, mangiando sabbia, rannicchiati in un sacco a pelo con addosso tuta, maglione, giaccone e berretto di lana, senza poterti muovere tanto sei imbacuccato. Un disagio che non pesa, convissuto vicino a mia figlia Veronica. E’ lei il mio futuro, è lei la mia proiezione per il domani che sconfiggerà la legge della morte. E accanto a noi c’è la distesa del nulla, che ti avvolge, facendoti muovere alla ricerca di un cespuglio da trasformare in bagno, vivendo il rito della doccia tutti insieme, uomini e donne, nudi, senza vergogna e senza malizia. In pace con il mondo.