Quel pasticciaccio brutto del Comitato Olimpico Internazionale

Abbiamo chiesto al dottor Bruno Fabbri, medico dello sport, un suo intervento sulla vicenda che in questi giorni ha animato il dibattito, anche politico, che ha visto come protagonista alle Olimpiadi di Parigi, un'atleta algerina donna, Imane Khelif, da alcuni ritenuta un uomo.
Il dottor Bruno Fabbri è laureato in medicina e chirurgia, specialista in medicina dello sport, è stato per 35 anni medico della Federazione pugilistica italiana. Nel 2017 ha ricoperto il ruolo di medico federale, carica che ha poi lasciato per insanabili divergenze sulla tutela della salute degli atleti. E' stato per molti anni direttore del Centro di Medicina dello Sport Coni-Fmsi di Padova.
Recentemente ha dato alle stampe un interessante volume dal titolo “Il sesso come sport”, che prende in esame gli importanti risvolti e benefici che ha l'attività sportiva riguardo al miglioramento delle performance sessuali anche nella fase riabilitativa.

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Devo dire che con una certa ritrosia intervengo sul caso Khelif-Carini che ha scatenato nei giornali nelle tv e nei social una ridda di interventi, in gran parte a sproposito, che purtroppo confermano come la “tuttologia” sia il male del terzo millennio.

Al netto delle affermazioni talvolta deliranti che ho avuto occasione di leggere e sentire, nelle quali un incontro di boxe alle olimpiadi è stato incredibilmente politicizzato per cui una “cosiddetta sinistra” difendeva la Khelif ed una “cosiddetta destra” difendeva la Carini, dimostrando ancora una volta come sia fuorviante se non addiruttira pericoloso quando si faccia prevalere l’ideologia alla scienza, credo sia opportuno riportare il focus della discussione sulla questione fondamentale che sta alla base di questa vicenda e cioè quella del regolamento attualmente vigente nel CIO (diverso dall’IBA) riguardo ai requisiti di partecipazione degli atleti tra gli uomini o tra le donne.  L’attuale regolamento prevede che possano partecipare alle gare femminili soggetti che indipendentemente dal sesso cromosomico e dai caratteri sessuali primari e secondari, dimostrino di aver avuto negli ultimi 12 mesi un tasso di testosterone inferiore a 0,5 nanomoli per litro (i valori normali  di testosterone sono nell’uomo 10,4-34,6 nanomoli/litro e per la donna 0,3-3 nanomoli/litro). Il testosterone è il principale ormone responsabile nello sviluppo dei caratteri sessuali secondari alla pubertà nell’uomo (distribuzione peli cutanei e pubici, aumento della muscolatura, crescita di pene e testicoli ecc.)

A mio modesto avviso il problema sta proprio nell’aver individuato in questo parametro una distinzione assolutamente artificiosa e peraltro non supportata dalle evidenze scientifiche

tra chi poteva partecipare alle gare maschili o femminili, cosa che ha prodotto gravissime aberrazioni con atlete costrette ad assumere antiandrogeni per rientrare nei parametri, (una sorta di doping al contrario) oppure a casi come Chris Moiser o Patricio Manuel ed altri che hanno gareggiato prima tra le donne e poi tra gli uomini e viceversa. Il problema sta nella incapacità del Cio di legiferare con chiarezza affidandosi alle evidenze scientifiche, e questo fin dai tempi del caso di Caster Semenya la mezzofondista africana a cui volevano imporre l’uso di antiandrogeni . Per dirla con il genetista forense Emanuele Giardina ”Un dosaggio ormonale non decide se si è maschi o si è femmine. Il comitato Olimpico deve definire come si accede a una delle due categorie. Se scegliesse il criterio del cariotipo sarebbe semplice : se hai i cromosomi XY sei maschio, se non ce l’hai (XX) sei femmina.  Ci vuole coraggio e chiarezza ha insitito il prof. Giardina, caratteristiche entrambe che sono mancate al CIO. Certamente una impostazione così “tranchant”  probabilmente scontenterbbe qualcuno ma sulla quale concordo pienamente dovendosi in ambito sportivo avere regole chiare e univoche piuttosto che la confusione attuale. Si eviterebbe qualsiasi dubbio “alla radice”, si impedirebbe la necessita  del ricorso a terapie ormonali, non si permetterebbe ad alcun soggetto di gareggiare anche modificando con la transizione il proprio genere non potendosi modificare il cariotipo. E non a caso uso qui il termine “genere” poiche sesso e genere sono spesso utilizzati come sinonimi ma indicano in realtà due concetti molto diversi tra loro. Il sesso fa riferimento alle caratteristiche genetiche di un individuo alla sua nascita, il termine genere”, invece, indica la percezione che ogni individuo ha di se stesso come maschio o femmina (identità di genere) e il sistema socialmente costruito intorno a quelle identità (ruolo di genere). Di questo equivoco è stata vittima la biologa Marie-Louise Vollbrecht che si è vista annullare una conferenza a Berlino per le vibranti proteste da parte di alcune associazioni a causa  del titolo della relazione “perche in biologia i sessi sono due” che non solo è una verità scientifica ma che niente ha a che vedere con i “generi” che possono invece essere molti di più e che hanno tutto il diritto di manifestarsi secondo il libero arbitrio e la libera scelta dei singoli nel rispetto della dignità di ogni individuo.

In conclusione il caos nato dalle diverse interpretazione dell’IBA e del CIO (che per altro  ha fondamento solo in questioni politiche) si sarebbe facilmente evitato se tra i membri del CIO che da circa 20 anni  affrontano il problema ci fosse stato il buon senso di normare la questione affidandosi agli addetti ai lavori (in questo caso i genetisti) e non producendo un regolamento che oggi dimostra tutta la sua inadeguatezza e fa ricadere sugli atleti le incapacità dei vertici.

Atleti a cui va tutta la mia solidarietà perchè vittime di un sistema sbagliato che oggi fa loro pagare in termini psicofisici una situazione aberrante. Per concludere le mie considerazioni: per l’atleta Khelif  nessuno di noi ha visto i suoi esami ormonali o genetici ma non merita il linciaggio a cui è sottoposta, per l’atleta Carini credo che non sia stato dato un sufficiente apporto psicologico in una situazione dove evidentemente è stata schiacciata dal clamore dell’evento. Un invito infine anche alla nostra Federazione, per dare il buon esempio, a far eseguire per primi  i test del cariotipo a tutti gli atleti e a tutte le atlete…tanto per non avere sorprese

– Bruno Fabbri –

Autore di:
IL SESSO COME SPORT
Trattato di medicina dello sport applicata al sesso